di Carlo Collodi
Adattamento e regia: Maria Grazia Cipriani
Scene e costumi: Graziano Gregori
Con: Giandomenico Cupaiuolo, Elsa Bossi, Giacomo Pecchia, Giacomo Vezzani, Nicolò Belliti, Carlo Gambaro, Jonathan Bertolai, Filippo Beltrami
Suoni: Hubert Westkemper
Luci: Angelo Linzalata
Foto di scena: Filippo Brancoli Pantera
“…Ho pensato di fabbricarmi un bel burattino di legno…Il burattino deve ballare, tirare di scherma e fare i salti mortali…”
Geppetto, misteriosamente custodendo nel suo corpo una scelta da adolescente, sogna di fabbricarsi un burattino meraviglioso e di girare con costui il mondo: viaggio da clown, da circo, avventuroso e illusionistico.
Pinocchio fa suo il sogno di Geppetto. Per realizzare quel sogno, egli dovrà toccare il fondo della sua sventura, fino a quando, trasformato in somaro, sarà Stella della danza nel circo del Paese dei Balocchi e rischierà di diventare una pelle di tamburo per la banda.
Pinocchio è già riconosciuto come fratello dalle marionette del Teatro di Mangiafuoco: il suo ingresso trionfale nel mondo di quelle Maschere immortali sembra un battesimo ufficiale.
Qui egli raggiunge il luogo che spiega e motiva la sua nascita.
Da quel progetto accarezzato dal genitore (ridotto a puro fantasma nel ventre della balena) …passando attraverso il Carrozzone di Mangiafuoco (Suoni festosi di grancassa…il giubilo del Gran Teatro, attori che sembrano marionette e marionette che sembrano attori…e la scena, straziante satira parodica della commedia popolare e del melodramma, in cui Pinocchio chiede a Mangiafuoco la grazia per “Arlecchino”…)
… o presso la casa della fata, creatura dominata dal terrore di essere abbandonata, perduta, e costretta a sua volta a rischiare di perdere, abbandonare…(ma anche quello della fata sembra essere un mondo teatrale con quei dottori e quei becchini grotteschi e surreali, con quel suo apparire e scomparire, resistendo sempre, di morte in vita, quella emblematica “massa” di capelli turchini)…
…a quella ribalta che è il circo dove Pinocchio-somaro è costretto ad esibirsi…
…l’approdo è in un finale con il palcoscenico ormai vuoto quando, uscito dal sogno “di legno”, Pinocchio vede il suo simulacro abbandonato come un costume di scena…
…Avventura onirica, notturna, di una notte definitiva, dove il giorno è solo recitato da sarcastici lampi temporaleschi…e il destino del grande burattino si rivela, letteralmente, teatrale.
Fantasmi è uno spettacolo in cui gli attori e registi siciliani, affiancati sul palco da Margherita Smedile, raccolgono i fili di questo lungo percorso pirandelliano e compongono uno studio sull’uomo Pirandello. Lo spettacolo si apre con un monologo tratto da “Colloqui coi personaggi”, uno di quegli scritti non catalogati dall’Autore che sono pubblicati nell’Appendice alle Novelle per un anno. Pirandello, come ci riferisce lui stesso in diverse occasioni, dialoga spesso con questi personaggi che riceve regolarmente nel suo studio: ascolta le loro storie, li interroga, ne approfondisce la conoscenza e decide poi se includerli in qualche novella o romanzo. Il personaggio che gli si presenta in un momento particolarmente convulso, alla vigilia dello scoppio di una guerra, gli sottopone alcune riflessioni: la vita, nel suo scorrere naturale, non viene influenzata dai fatti che gli uomini compiono, procede senza intralci verso il proprio destino e in particolare la vita dei personaggi, in quanto creature nate dalla mente di un artista, hanno il pregio di sopravvivere agli eventi e alla stessa vita degli uomini.
Mettendo insieme i due atti unici Sgombero, l’invettiva che una donna fa contro il padre alla sua veglia funebre, e L’uomo dal fiore in bocca, il racconto consapevole e appassionato di un uomo che sta per affrontare la sua morte, si coglie il senso di disprezzo del comune pensare che si respira in tutta la drammaturgia di Pirandello, della capacità di irridere e far ridere con amarezza dei vizi e dei paradossi della società.
Il luogo delle azioni – uno spazio astratto in cui sembra si sia fermato il tempo – diventa la “stanza della tortura” che Giovanni Macchia individua come topos costante nei lavori pirandelliani.
E il fiore in bocca diventa malattia di una intera società.
Maria Grazia Cipriani